mercoledì 21 febbraio 2018

Problemi di “struttura”: come si scrive un fantasy (e come lo scrivo io)

Parliamo di fantasy! E non di un fantasy qualunque, oppure solo della definizione di genere e altre pippe mentali. No, parliamo del mio fantasy.

“La Colonna di Antanacara” è una trilogia, scritta a quattro mani con Nicolò Parolini, della quale è stato pubblicato il primo volume, Avvento, ormai più di tre anni fa. Tre anni! Sono davvero tanti! E vi garantisco che non è solo un modo di dire.

Chi ha letto il primo tomo non ha fatto altro che ricordarmi regolarmente e con costanza quanto fossi in ritardo, domandandomi quando sarebbe uscito il seguito. Non c’è dubbio che sia una bella soddisfazione: sapere di aver causato così tanta curiosità è un incentivo molto potente, ma non è bastato.


Levatevi subito dalla testa l’idea che io abbia voluto emulare quel ritardatario cronico di Martin. Assolutamente no. Diciamo che la quotidianità ha preso il sopravvento, oltre al fatto che una perplessità di fondo legata alla struttura del nuovo romanzo ci ha impedito di trovare la strada e gli stimoli giusti.

Cosa si intende per struttura? 


Diciamo che, per me, la struttura di un romanzo corrisponde alle fondamenta di una casa. Non ritengo possibile iniziare seriamente un progetto narrativo senza essersi occupati prima della sua struttura. Per dirla con parole semplici, si tratta di avere le idee abbastanza chiare su come si vuole gestire la storia, la suddivisione in capitoli, lo sviluppo delle varie trame e sottotrame, ecc…. 

Vi faccio un esempio citando proprio Avvento. Senza fare spoiler (non vorrei rovinare le sorprese a un lettore ancora a digiuno) posso dirvi che, prima ancora di scrivere la sinossi (ho parlato di quest’altro mostro sacro, da affrontare se si vuole scrivere libro, in una puntata della mia newsletter), io e Nicolò avevamo già in mente di raccontare la nostra avventura usando due storie parallele, apparentemente slegate, e farle procedere a capitoli alternati.

Perché? Facile: era il modo migliore per valorizzare la trama che ci interessava sviluppare. Questo non significa che io conosca a menadito ogni dettaglio di ogni singola scena di tutta la trilogia. No, altrimenti mi perderei una delle cose che amo di più dello scrivere: l’essere il primo lettore di un libro non ancora pubblicato! E non è una visione romantica, anzi…

Durante la stesura di un romanzo accadono cose impreviste. Semplicemente, si cambia idea sull’esito di un avvenimento o sul destino di un personaggio, ma questo mutamento io lo vivo con la stessa emozione di chi se lo gusta divorando le pagine, come se davvero stessi leggendo. Ma non divaghiamo.

La struttura è il contenitore della nostra storia e ha la priorità assoluta. Per carità, si può sempre vomitare giù una prima stesura e poi smontarla, adattarla e riscriverla, ma è un approccio che non mi appartiene. Io ho bisogno di sapere come racconterò qualcosa, in che modo distribuirò gli avvenimenti e i colpi di scena, come è fatta la strada sulla quale inviterò il lettore a sfrecciare.

Per il secondo volume del nostro fantasy, dal titolo L’Araldo della Distruzione, eravamo nuovamente partiti con l’idea di due filoni narrativi raccontati a capitoli alternati: il primo dedicato alla trama principale e il secondo con microstorie inerenti all’evoluzione di personaggi complementari o alla presentazione di nuovi protagonisti.

Siamo andati avanti un po’, quasi un centinaio di pagine, ma c’era qualcosa che non ci convinceva. Abbiamo dato la colpa al ritmo di scrittura poco costante, alle continue interruzioni, al non essere in grado di rimanere concentrati sulla storia, come era stato invece per la stesura di Avvento. E poi, un paio di mesi fa, a Natale, ci siamo rimessi a tavolino a discuterne, mettendo da parte il lavoro fatto fino a quel momento. E ci siamo resi conto che era proprio la struttura a darci quel fastidio, quel senso di insoddisfazione incolmabile.

Per forza! Continuavamo a tentare di costruire la nostra casa di parole sopra un terreno instabile. E allora siamo ripartiti da zero, abbandonando l’alternanza dei capitoli in favore di un flusso narrativo molto diverso. Ma non vi svelerò quale. Non voglio davvero rovinarvi il piacere di scoprirlo. Vi basti sapere che, una volta messo a punto, eravamo talmente entusiasti da ripartire a scrivere senza nessuno sforzo. E ora procediamo spediti…

Quindi, riassumendo, qualunque cosa abbiate in mente di scrivere, prendetevi il giusto tempo per capire quale sarà il suo “contenitore”, dedicate i primi sforzi a creare solide basi pronte ad accogliere il racconto come fosse acqua in un bicchiere.

E adesso che avete finito di leggere questo articolo, chiedetevi che scelte ha fatto l’autore del libro che state leggendo in questo momento: osservare le scelte degli altri ci aiuta a consapevolizzare le nostre.

Buon lavoro, a voi e a me stesso.

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