Un anno fa, dopo la conclusione della prima tappa del Viaggio del sogno premonitore, ho deciso di prendere in mano la mia carriera di scrittore. Venivo da una fase di buio creativo che mi aveva svuotato, e le mille suggestioni della trasferta francese avevano riacceso la miccia della creatività.
Ho cominciato con il personal branding, il blog, la newsletter ecc., ma naturalmente l’obiettivo vero era quello di tornare a scrivere. Sentivo l’urgenza di ricostruire un rapporto quotidiano, vivo, caldo con la scrittura, ma l’idea di iniziare con un progetto troppo ambizioso (come per esempio il secondo volume della trilogia della Colonna di Antanacara) mi intimoriva.
Così, su suggerimento della mia editor – della quale parlo spesso non perché se non lo faccio lei poi si vendica, ma perché in questa cosa del rapporto autore-editor ci credo sul serio –, ho optato per una novella, formato ideale per allenare i muscoli senza il rischio di sovraccaricarli.
Ho cominciato con il personal branding, il blog, la newsletter ecc., ma naturalmente l’obiettivo vero era quello di tornare a scrivere. Sentivo l’urgenza di ricostruire un rapporto quotidiano, vivo, caldo con la scrittura, ma l’idea di iniziare con un progetto troppo ambizioso (come per esempio il secondo volume della trilogia della Colonna di Antanacara) mi intimoriva.
Così, su suggerimento della mia editor – della quale parlo spesso non perché se non lo faccio lei poi si vendica, ma perché in questa cosa del rapporto autore-editor ci credo sul serio –, ho optato per una novella, formato ideale per allenare i muscoli senza il rischio di sovraccaricarli.